Le alternative vegetali al latte, come le bevande a base di soia, avena e mandorle, sono prodotte senza ingredienti di origine animale per i consumatori che cercano sostituti vegetali di latte e yogurt. Tuttavia, molti di questi prodotti presentano carenze simili: sapori che non sempre piacciono ai consumatori e profili nutrizionali che possono essere inferiori a quelli del latte vaccino. Uno di questi è la relativa povertà di proteine, che generalmente non compensano l’abbondanza presente nel latte bovino. I substrati vegetali più comuni, come soia, mandorle e cocco, sono composti rispettivamente dal 7,3%, 4,4% e 6,2% di zuccheri, senza considerare le fibre, dal 19,9%, 49,9% e 33,5% di grassi e dal 36,5%, 21,2% e 3,3% di proteine, allo stato grezzo. Inoltre, gli zuccheri fermentabili di origine vegetale presenti nel latte vegetale differiscono da glucosio, maltosio, fruttosio, saccarosio, raffinosio e amido, tra gli altri, a seconda del materiale vegetale utilizzato.
Una nuova revisione, condotta da ricercatori della DTU e di Novonesis, esplora come i batteri lattici possano contribuire ad affrontare queste sfide. Analizzando la letteratura esistente, gli autori mappano come la fermentazione con ceppi batterici selezionati possa ridurre i cosiddetti sapori sgradevoli e degradare gli antinutrienti. Questi ultimi migliorano la biodisponibilità dei nutrienti nelle alternative lattiero-casearie di origine vegetale. Sebbene lo studio si concentri specificamente sulle alternative lattiero-casearie di origine vegetale, i ricercatori ritengono che i risultati siano rilevanti anche per altri prodotti alimentari che affrontano problematiche simili. I prodotti a base di fonti proteiche alternative come insetti, proteine microbiche (ad esempio micoproteine o lievito fermentato) e ingredienti derivati da flussi collaterali della produzione alimentare spesso affrontano le stesse sfide sensoriali e nutrizionali.
La fermentazione con batteri lattici selezionati potrebbe quindi rivelarsi una tecnologia chiave per lo sviluppo di un’ampia gamma di alimenti sostenibili. Per gli stakeholder del settore, il messaggio è chiaro: le soluzioni microbiche esistenti possono migliorare la qualità e il valore nutrizionale dei prodotti vegetali, ma il successo dipende dalla conoscenza dei ceppi batterici, delle materie prime e dei processi di fermentazione. La fermentazione è stata utilizzata per millenni per conservare e migliorare gli alimenti, dai crauti al kefir, dai formaggi allo yogurt. Oggi, emerge anche come uno strumento fondamentale per lo sviluppo di alternative vegetali al latte più appetibili e funzionali. In una nuova revisione, i ricercatori evidenziano come i batteri lattici, in particolare quelli naturalmente adattati alle materie prime vegetali, possano svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di alternative vegetali al latte fermentato (PBFDA).
Molti ingredienti vegetali contengono naturalmente composti aromatici che i consumatori percepiscono come sgradevoli, come note amare, terrose o erbose. Questi composti, spesso aldeidi, chetoni e tannini, sono sottoprodotti del metabolismo della pianta e possono essere difficili da rimuovere senza influire negativamente sul resto del prodotto. Secondo i ricercatori, specifici ceppi di batteri lattici possono convertire questi composti indesiderati in composti aromatici neutri o meno percettibili. Il risultato è un prodotto che assomiglia di più ai tradizionali latticini fermentati, sia nel gusto che nell’aroma. Inoltre, i batteri lattici possono ridurre i sapori sgradevoli nei prodotti fermentati di origine vegetale. degradare i composti antinutrizionali e migliorare l’assorbimento di minerali come ferro, rame e zinco. I ricercatori sottolineano che la fermentazione con batteri lattici può contribuire a degradare tali composti.
Alcuni ceppi batterici producono enzimi in grado di scomporre queste molecole complesse (saponine, acido fitico, inibitori di proteasi), aumentando così la biodisponibilità dei nutrienti nel prodotto finale. I ricercatori sottolineano che non tutti i batteri lattici sono ugualmente adatti a questo compito. I batteri originariamente isolati dal latte sono tipicamente adattati agli ambienti di origine animale, mentre quelli derivati da piante o alimenti di origine vegetale hanno un vantaggio evolutivo nella gestione dei substrati vegetali. Attraverso la selezione naturale, questi ceppi hanno sviluppato la capacità di utilizzare gli zuccheri vegetali e degradare composti vegetali complessi, rendendoli colture starter ideali per prodotti fermentati a base vegetale. Pertanto, la scelta del ceppo batterico e delle condizioni di fermentazione sarà fondamentale per lo sviluppo di prodotti non solo gradevoli al palato e aromatici, ma anche di elevata qualità nutrizionale.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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