Lo stress ossidativo genera un danno cellulare a causa dell’ossidazione lipidica, l’alterazione strutturale delle membrane, l’ossidazione delle proteine e degli acidi nucleici; il danno può estendersi agli organi e diventare sistemico. Molte malattie sono state collegate allo stress ossidativo, comprese le malattie ossee tra le quali una delle più importanti è l’osteoporosi. Lo stress ossidativo nell’osteoporosi post-menopausale, dovuta alla carenza di estrogeni, è stato correlato all’attivazione delle ossidasi cellulari e / o alla diminuzione della sintesi di enzimi antiossidanti e glutatione (GSH). Lo stress ossidativo, nell’osteoporosi senile e nell’osteoporosi secondaria dovuta a malattie croniche intestinali (es. morbo di Chron), è dovuto alla diminuzione dei livelli di GSH e delle capacità antiossidanti correlate anche al ridotto assorbimento intestinale di antiossidanti contenuti negli alimenti. Nell’osteoporosi secondaria ai processi infiammatori ossei e alla terapia prolungata con farmaci antinfiammatori steroidei, lo stress ossidativo è principalmente dovuto all’attivazione di enzimi che producono ROS.
L’osso è un tessuto dinamico che si rinnova continuamente per tutta la vita dall’azione coordinata di tre principali tipi di cellule ossee: osteoclasti, osteoblasti e osteociti. Il processo di rimodellamento è il risultato di interazioni tra queste cellule e agenti molecolari multipli, tra cui ormoni, fattori di crescita e citochine. È un processo fisiologico che segue una sequenza temporale di circa sei mesi, in cui gli osteoclasti eliminano il tessuto osseo vecchio o danneggiato che viene successivamente sostituito con nuovo tessuto osseo formato dagli osteoblasti, mentre gli osteociti funzionano nella trasduzione dei segnali necessari per sostenere i carichi meccanici. L’osso sano è strettamente regolato e mantenuto, per prevenire alterazioni significative della massa ossea o della forza meccanica dopo ogni ciclo di rimodellamento. Infatti, lo stress ossidativo altera il processo di rimodellamento osseo causando uno squilibrio tra attività osteoclastica e osteoblastica, questo può portare a malattie metaboliche dell’osso e contribuire alla patogenesi dei disturbi del sistema scheletrico tra cui l’osteoporosi caratterizzata da bassa densità minerale ossea e diminuzione della massa ossea, il che rende l’osso debole e più soggetto a frattura.
Recenti evidenze in un numero limitato di studi clinici hanno dimostrato che i sistemi ROS e/o antiossidanti possono essere coinvolti nella patogenesi della perdita ossea. Infatti, lo stress ossidativo attiva la differenziazione dei pre-osteoclasti in osteoclasti e promuove il riassorbimento osseo. I ROS inducono morte degli osteoblasti e degli osteociti, cellule localizzate nella matrice ossea e derivate da osteoblasti maturi, favorendo così gli osteoclasti. Alti livelli di ROS bloccano e riducono l’attività e la differenziazione degli osteoblasti, quindi la mineralizzazione e l’osteogenesi. Questi eventi aumentano il turnover del rimodellamento osseo con conseguente alterazione e diminuzione della massa ossea. Gli antiossidanti hanno effetti opposti, contribuiscono alla differenziazione degli osteoblasti e alla formazione delle ossa. Dati in vitro e in vivo hanno dimostrato che gli antiossidanti, direttamente o per neutralizzazione degli ossidanti, contribuiscono all’attivazione della differenziazione degli osteoblasti, al processo di mineralizzazione e eliminazione degli osteoclasti.
Il calo di antiossidanti porta alla perdita ossea accelerata attraverso l’attivazione della citochina TNF-alfa; la somministrazione di antiossidanti come le vitamine C ed E, la N-acetilcisteina (NAC) e l’acido lipoico, ha effetti benefici in soggetti con osteoporosi. Altri dati dimostrano che la somministrazione di vitamina E è in grado di mantenere la densità minerale ossea negli uomini anziani. Altri studi ancora riportano che la NAC inibisce la morte degli osteoblasti indotta dallo stress ossidativo, previene la formazione degli osteoclasti e la loro produzione di TNF-α. Tutti questi effetti sono mediati da GSH. Dato l’importante ruolo del ROS e dello stress ossidativo nel ricambio osseo, vi è un notevole interesse nell’uso di antiossidanti nei potenziali trattamenti per l’osteoporosi e le malattie infiammatorie ossee. Per quanto riguarda gli approcci nutrizionali, studi epidemiologici hanno fornito prove di un legame tra l’assunzione di nutrienti, antiossidanti e la salute delle ossa. I polifenoli e gli antociani sono gli antiossidanti più abbondanti nella dieta e sono costituiti diffusamente da frutta, verdura, cereali, legumi secchi, cioccolato, tè, caffè e vino.
Ad esempio, il resveratrolo (nel vino) aumenta la densità minerale ossea e i suoi markers negli uomini obesi osteoporotici. Il bere del thè è anche associato ad effetti benefici nel mantenimento della densità ossea nelle donne anziane e nelle donne in menopausa. Altri dati mostrano che i polifenoli del thè verde mitigano la perdita ossea dei ratti femmina con infiammazione cronica e gli estratti di mirtillo hanno effetti protettivi nell’infiammazione acuta e nell’artrite indotta da collagene nei ratti. Pertanto, potrebbe essere interessante progettare nuovi approcci terapeutici che includono trattamenti antiossidanti per le malattie ossee, prendendo di mira lo stress ossidativo. Infatti, questi potrebbero agire sul bilancio redox nelle cellule ossee, sui processi redox e su quelli coinvolti nel turnover osseo. Infatti, è stato proposto l’uso di antiossidanti nelle terapie anti-riassorbimento, considerando anche che possono ridurre l’attività degli osteoclasti senza determinare la loro distruzione. Questo potrebbe essere importante quando è necessario non solo ridurre il riassorbimento osseo ma anche per ripristinare il rimodellamento osseo fisiologico. Pertanto, insieme agli integratori ampiamente disponibili, la salute delle ossa inizia dal cibo giusto sulla tavola apparecchiata, come le gambe fanno stare in piedi il nostro stesso corpo.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, Medico specialista in Biochimica Clinica.
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