La redazione si riserva di riproporre l’articolo già pubblicato in precedenza, per il notevole interesse riscontrato verso il tema e il trend del gentile pubblico interessato al riguardo. Sono stati inclusi aggiornamenti e notizie di trials clinici sperimentali.
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L’artrite reumatoide (AR), una forma progressiva e sistemica di artrite autoimmune, è caratterizzata da infiammazione cronica e infiltrazione delle cellule immunitarie sinoviali nelle articolazioni colpite. È stato ben documentato che diverse citochine infiammatorie sono coinvolte nella patogenesi dell’AR e ne peggiorano la progressione. Sebbene ci siano stati progressi nelle funzioni terapeutiche dei farmaci AR, il trattamento della AR rimane estremamente difficile. Inoltre, una proporzione significativa di pazienti con AR (30-40%) non ha risposta ai farmaci AR come la terapia con anticorpi anti-fattore di necrosi tumorale (TNF-alfa; es. infliximab) o anti-IL6 (tocilizumab). I pazienti AR che non mostrano risposta ai farmaci sono più suscettibili alla mancata risposta ad altre terapie biologiche usate per il trattamento. È stato recentemente riportato che la probabilità di mancata risposta al trattamento della RA è associata a disordini metabolici. L’obesità, un disordine metabolico che svolge un ruolo chiave nella risposta infiammatoria, porta alla maggiore produzione di citochine infiammatorie. È stato dimostrato che c’è un aumento nell’espressione delle citochine infiammatorie e una diminuzione parallela nell’espressione delle citochine anti-infiammatorie tra gli individui obesi rispetto agli individui magri sani.
Inoltre, l’obesità è associata a malattie infiammatorie e autoimmuni, aumentando così la possibilità di malattie come la RA che si verificano nelle persone obese. Il tessuto adiposo bruno (BAT) si trova prevalentemente nei neonati e ha un ruolo importante nella modulazione della temperatura corporea. Lo sviluppo di disordini metabolici ha dimostrato di essere inibito dalla BAT e diversi geni correlati alla sua maturazione, rendendolo un candidato promettente per il trattamento dei disturbi metabolici. Il fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) 21 è un ormone metabolico che è espresso principalmente dal fegato, ma è anche rilasciato dagli adipociti. È stato dimostrato che FGF21 ha un ruolo significativo nella progressione dell’obesità. Infatti, l’obesità è caratterizzata da resistenza a FGF21 e c’è un notevole interesse nella somministrazione di FGF21 come terapia per l’obesità. La metformina è un farmaco antidiabetico molto usato nei pazienti con diabete di tipo 2, ove riduce anche il peso corporeo. Recentemente, la metformina ha dimostrato efficacia terapeutica in altri disturbi: è stato suggerito che la metformina ha la capacità di migliorare l’artrite autoimmune sperimentale e la colite.
Ora un gruppo del Reumatism Research Center della Catholic University of Korea ha testato la possibilità che la metformina possa aiutare a curare l’artrite reumatoide. I ricercatori hanno trattato i topi con RA sperimentale con due farmaci, metformina o etanercept (Enbrel, anticorpo monoclonale contro il recettore TNF-alfa). Rispetto ai topi che hanno ricevuto il placebo, i topi trattati con metformina hanno avuto un punteggio dell’artrite significativamente più basso durante l’intero periodo sperimentale. Il trattamento dei topi con metformina ha anche attenuato la progressione dell’artrite rispetto ai topi trattati con Enbrel. Ampia infiltrazione di cellule immunitarie è stata osservata nei topi RA obesi trattati con placebo ed Enbrel. Le analisi istologiche hanno anche dimostrato che la distruzione articolare, il danno alle ossa e alla cartilagine sono migliorati nei topi RA obesi trattati con metformina rispetto ai topi RA obesi trattati con placebo o Enbrel. Inoltre, i livelli IL-6 e IL-17 nelle articolazioni erano significativamente inferiori nei topi RA obesi trattati con metformina. C’è stato un aumento di volume del BAT nei topi obesi RA trattati con metformina, il trattamento farmacologico ha anche ridotto l’infiltrazione di cellule immunitarie nello stesso tessuto grasso.
Anche la produzione di FGF21 nel BAT è aumentata dopo trattamento con metformina. Un’osservazione importante è stata l’efficacia terapeutica della metformina nei topi obesi RA, e la sua associazione con un equilibrio fra rapporto dei linfociti Th17/T-reg e la maturazione del BAT. Uno studio dell’anno scorso pubblicato da un team di ricerca cinese, ha saggiato direttamente la metformina sui fibroblasti anomali della malattia, le cellule simil-sinoviocitarie (FLS) tipiche della malattia in fase acuta. Il trattamento di queste cellule in vitro con metformina ha indotto l’arresto del ciclo cellulare nella fase G2/M attraverso la via recettore IGF-IR / PI3K / AKT / mTOR. Il blocco del complesso cellulare mTOR è sembrato la chiave del fenomeno, poiché esso guida il processo della sintesi delle proteine cellulari. Tuttavia, è stato scoperto che la metformina non induce la morte degli FLS; ne blocca solo la duplicazione. Un team di clinici dell’Università di Taiwan, invece, ha dimostrato che associando la metformina alla terapia convenzionale con i classici inibitori coxib (es. celecoxib o etoricoxib), si riduce la % dei ricoveri ospedalieri per riacutizzazione della malattia, rispetto ai soli coxib.
L’idea dell’utilizzo della metformina nella terapia di condizioni differenti dal diabete sta prendendo sempre più piede. È probabile che trovando legami metabolici fra il diabete e altre condizioni patologiche, la metformina potrà diventare un farmaco che modifichi il terreno patologico rendendo le terapie specifiche molto più efficaci.
A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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