Nonostante il continuo interesse per la ricerca sulla sclerosi multipla (SM), c’è ancora una mancanza di strategie neuroprotettive, perché l’obiettivo principale è rimasto sul controllo della risposta immunitaria. Studi di ricerca intensivi hanno studiato come modulare il sistema immunitario; le strategie terapeutiche comuni sono efficaci nel rallentare la malattia, la progressione e attenuazione dei sintomi, ma non possono curare la malattia. L’opzione di prevenire la neurodegenerazione presto sarebbe un utile addendum al trattamento abituale. Forse però qualcosa si sta muovendo in tal senso. Un gruppo di ricercatori delle Università di Colonia e di Werzburg, in Germania, ha scoperto che un comune farmaco anti-ipertensivo potrebbe essere il primo neuroprotettore nella sua categoria nel trattamento delle SM.
La nimodipina, è un farmaco del gruppo dei calcio-antagonisti usato per trattare l’ipertensione. Inoltre, per la sua alta affinità per il sistema nervoso centrale è usato per prevenire i vasospasmi dopo emorragia cerebrale. Gli attuali studi di ricerca stanno esaminando i suoi effetti sull’ictus cerebrale, l’epilessia, le prestazioni cognitive e gli effetti comportamentali. Conoscendo il suo meccanismo di azione, bloccare certi canali degli ioni calcio, i ricercatori hanno testato i suoi effetti sulle lesioni infiammatorie croniche di ratti con SM (EAE). Con sorpresa, alle analisi istopatologiche della mielina nel midollo spinale, i ratti trattati con nimodipina hanno avuto una ricrescita delle fibre nervose maggiore per unità di superficie, per stimolazione selettiva delle cellule che ricostruiscono la mielina (oligo-dendrociti).
Al contrario, il farmaco ha soppresso la crescita e la funzionalità immunitaria della microglìa, i macrofagi del sistema nervoso che producono citochine infiammatorie responsabili della malattia. Il farmaco riduce altresì la produzione di ossido nitrico (*NO), un mediatore infiammatorio tipico delle fasi acute della SM attraverso l’enzima NOS2. Ma qui sta la seconda sorpresa: gli effetti della nimodipina non dipendono dalla sua interazione con i canali del calcio (Cav1.2); esso, infatti, non è presente nella microglìa! E non dipende neppure dal blocco dei canali del potassio, un altro recente bersaglio valutato per il trattamento della sclerosi multipla. I ricercatori non sono ancora sicuri quale sia il reale bersaglio della nimodipina in questa circostanza. Sta di fatto che il farmaco sopprime le risposte esagerate della microglìa, senza eliminarla del tutto e questo è un bene. La microglia, infatti, ha un parziale ruolo positivo nella SM: aiuta a sbarazzarsi dei detriti di mielina danneggiata.
Nel complesso, i dati del team alimentano la speranza che la nimodipina possa servire come opzione di trattamento per i pazienti con SM, che promuove la rigenerazione nervosa pur avendo anche capacità immunomodulatoria in assenza di gravi effetti collaterali.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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