La sclerosi multipla è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario del corpo attacca e danneggia il rivestimento protettivo intorno alle cellule nervose. Questo rivestimento è costituito da mielina – una membrana biologica formata da proteine e grassi – che è il motivo per cui gli sforzi di ricerca per trovare l’antigene bersaglio della malattia si sono finora concentrati sui componenti della membrana della mielina. Nuove scoperte fatte dal gruppo di ricerca del programma di ricerca clinica sulla sclerosi multipla dell’Università di Zurigo, suggeriscono ora che vale la pena ampliare la prospettiva della ricerca per ottenere una migliore comprensione dei processi patologici. Nella rivista Science Translational Medicine, gli scienziati riferiscono che i linfociti T reagiscono a una proteina chiamata GDP-L-fucosio sintasi. Questo enzima si forma nelle cellule umane e nei batteri frequentemente presenti nella flora gastrointestinale dei pazienti affetti da sclerosi multipla. La GDP-L-fucosio sintasi umana, nota anche come proteina FX, sintetizza il GDP-L-fucosio dal suo substrato GDP-4-cheto-6-deossi-D-mannosio. L-fucosio è uno zucchero componente chiave di molte importanti glicoproteine di superficie, inclusi gli antigeni del gruppo sanguigno e i ligandi di Lewis(X).
Molto interesse è stato recentemente riposto sul possibile ruolo del microbiota intestinale nella fisiopatologia della sclerosi multipla (SM). Gran parte delle prove sperimentali derivano da studi che utilizzano il modello murino di MS con encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE). La modifica del microbiota intestinale con cocktail antibiotici o probiotici porta all’attenuazione EAE e ad una moltitudine di risposte immunitarie regolatorie. Da studi che tentano di caratterizzare la composizione del microbiota, è chiaro che ci sono alcune differenze nelle persone con SM rispetto ai controlli. Le persone con SM recidivante-remittente (RRMS) hanno un’abbondanza di Anaerostipes, Faecalibacterium, Pseudomonas, Mycoplasma, Haemophilus, Blautia e Dorea; e una diminuzione relativa di Bacteroides, Prevotella, Parabacteroides e Adlercreutzia. Nella SM pediatrica, i pazienti hanno livelli più alti di membri di Desulfovibrionaceae e deplezione nelle Lachnospiraceae e nelle Ruminococcacee. Per il sottogruppo geneticamente definito di pazienti con SM esaminati dai ricercatori, i risultati mostrano che il microbiota intestinale potrebbe svolgere un ruolo molto più importante nella patogenesi della malattia rispetto a quanto precedentemente ipotizzato.
Gli enzimi analoghi alla GDP-L-fucosio sintasi umana sono codificati in molti genomi batterici. Gli scienziati ancora non sanno se questo ha qualcosa a che fare con la comparsa della malattia. È ipotizzabile che esista una certa somiglianza tra la FX umana e le controparti batteriche. In caso di disbiosi intestinale e conseguente squilibrio immunitario, gli enzimi batterici analoghi alla GDP-L-fucosio sintasi potrebbero essere esposti ed essere attaccati dai linfociti locali. Ciò innescherebbe un possibile insorgere dell’autoimmunità contro la proteina FX stessa. Gli scienziati però non conoscono il motivo per cui questa autoimmunità si rivolterebbe contro le cellule cerebrali, come nel caso della sclerosi multipla. Comunque sia, il team spera che queste scoperte possano presto essere tradotte in terapia. Hanno in programma di testare le componenti immunoattive della GDP-L-fucosio sintetasi utilizzando un approccio che i ricercatori hanno perseguito già da diversi anni. L’approccio clinico del team si rivolge in modo specifico alle cellule immunitarie autoreattive patologiche; quindi differisce radicalmente dagli altri trattamenti attualmente disponibili, che strozzano l’intero sistema immunitario.
Mentre questi trattamenti spesso riescono a fermare la progressione della malattia, indeboliscono anche il sistema immunitario, causando gravi effetti collaterali. L’approccio clinico del gruppo di ricerca consiste nel prelevare il sangue dai pazienti con SM in uno studio clinico, quindi collegare i frammenti di proteine immunoattive sulla superficie dei globuli rossi in un laboratorio. Quando il sangue viene reintrodotto nel flusso sanguigno dei pazienti, i frammenti aiutano a “rieducare” il loro sistema immunitario e farlo “tollerare” il proprio tessuto cerebrale. Questo approccio terapeutico mira a un trattamento mirato efficace senza gravi effetti collaterali. L’autore senior Dr.ssa Mireia Sospedra conclude: “Crediamo che le cellule immunitarie siano attivate nell’intestino e poi migrano verso il cervello, dove provocano una cascata infiammatoria quando si imbattono nella variante umana dell’antigene bersaglio”. Inoltre, c’è un altro possibile lato esplorativo della moneta. Cioè, la struttura della FX umana ottenuta molti anni fa, ha rivelato i principali residui catalitici e potrebbe essere utile per la progettazione di farmaci per il trattamento dell’infiammazione, delle malattie autoimmuni e possibilmente di alcuni tipi di cancro.
- a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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