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Caffè e Parkinson: la caffeina protegge ma non è l’unica

Secondo il Dipartimento di Salute e Servizi umani degli Stati Uniti, la malattia di Parkinson è una malattia del cervello che può portare a tremori, rigidità e difficoltà nel camminare, nell’equilibrio e nella coordinazione. Quasi un milione di persone negli Stati Uniti vivono con la malattia di Parkinson. La demenza a corpi di Lewy, una delle forme più comuni di demenza, colpisce più di un milione di persone negli Stati Uniti. Causa problemi di pensiero, comportamento, umore e movimento. Gli scienziati di Rutgers hanno trovato un composto nel caffè che potrebbe associarsi alla caffeina per combattere il morbo di Parkinson e la demenza di Lewy – due malattie progressive e attualmente incurabili associate alla degenerazione del cervello. La scoperta, recentemente pubblicata negli Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze (PNAS), suggerisce che questi due composti combinati potrebbero diventare un’opzione terapeutica per rallentare la degenerazione cerebrale. Mentre la caffeina è stata tradizionalmente accreditata come agente protettivo speciale del caffè, i chicchi di caffè contengono più di un migliaio di altri composti meno conosciuti.

L’autore principale M. Maral Mouradian, direttore del Rutgers Robert Wood Johnson Medical School Institute di Neurological Therapeutics, e professore di Neurologia, ha affermato che ricerche precedenti hanno dimostrato che bere caffè può ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. Lo studio Rutgers si è concentrato su un derivato dell’acido grasso del neurotrasmettitore serotonina, chiamato EHT (eicosanoil-5-idrossitriptamide), che si trova nel rivestimento ceroso del chicco. È interessante notare che EHT era inizialmente in una serie di estrazioni e purificazioni come componente del caffè con attività inibitoria della metilesterasi PME-1 in vitro. Studi successivi hanno dimostrato che l’EHT esibisce anche attività antiossidanti e antiinfiammatorie. Considerando i dati epidemiologici che collegano il consumo di caffè con il rischio ridotto di sviluppare Parkinson, l’identificazione e la caratterizzazione delle proprietà di EHT forniscono una visione meccanicistica degli effetti benefici di questa bevanda ampiamente consumata.

Tuttavia, il caffè è una miscela chimica complessa contenente più di mille composti diversi. Pertanto, non è improbabile che anche altri componenti del caffè svolgano un ruolo benefico. I fattori che non sono considerati negli studi epidemiologici includono il metodo di preparazione del caffè. Diversi componenti del caffè sono presenti nel prodotto finale consumato, a seconda delle condizioni di crescita e raccolta del caffè, dei metodi di tostatura e di infusione, se il caffè è filtrato o meno, e che tipo di filtro viene utilizzato. EHT è un costituente principale della cera di caffè che riveste il chicco di caffè. I livelli di EHT ed altre N-alcanoil-serotonine strettamente correlati sono apprezzabili nel caffè non filtrato, mentre alcuni metodi di preparazione rimuovono i lipidi come l’EHT. Nella ricerca corrente, i ricercatori hanno scoperto che l’EHT protegge il cervello dei topi contro l’accumulo anormale delle proteine ​​associato al morbo di Parkinson e alla demenza del corpo di Lewy.

Il team si è chiesto se EHT e caffeina potessero lavorare insieme per una neuroprotezione ancora maggiore delle cellule cerebrali. Hanno dato ai topi piccole dosi di caffeina o EHT separatamente e insieme. Ogni composto da solo non era efficace, ma quando somministrati insieme potenziavano l’attività di un enzima (PP2A) che aiuta a prevenire l’accumulo di proteine ​​nocive nel cervello, ovvero gli aggregati di alfa-sinucleina. Ciò suggerisce che la combinazione di EHT e caffeina potrebbe rallentare o arrestare la progressione di queste malattie. Gli attuali trattamenti farmacologici riguardano solo i sintomi della malattia di Parkinson ma non proteggono dalla neurodegenerazione. L’EHT è un composto presente in vari tipi di caffè, ma la quantità varia. Il Dr. Mouradian ha detto che sono necessarie ulteriori ricerche per determinare le quantità e il rapporto adeguati di EHT e caffeina necessari per l’effetto protettivo nelle persone. Questo è importante per determinare con sicurezza se certi brand di caffè possano essere usati per il trattamento di questa importante patologia, fonte di importante impatto sulla salute pubblica.

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Yan R et al., Mouradian MM. Proc Natl Acad Sci USA 2018 Dec 3.

Asam K et al., Nicholls RE. PLoS One. 2017; 12(12):e0189413.

Basurto-Islas G et al. Neurobiol Aging. 2014 Dec; 35(12):2701-2712.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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