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Demenza: perchè le donne dovrebbero essere più a rischio?

Prove crescenti suggeriscono che le donne potrebbero essere maggiormente a rischio di alcuni cambiamenti fisiologici associati alla malattia di Alzheimer (AD). Uno studio su 300 soggetti anziani sottoposti a scansioni con tomografia ad emissione di positroni (PET) ha mostrato che le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare segni di una condizione simile a quella di Alzheimer o di demenza senile, con accumulo delle proteine ​​tossiche note per scatenare la malattia. Come riportato nella rivista JAMA Neurology, le scansioni hanno rivelato che gli uomini avevano meno depositi di tau e beta-amiloide nei loro cervelli rispetto alle donne. Queste proteine ​​sono presenti in tutta la materia grigia, ma quando grandi quantità di queste si aggregano per formare grovigli o ciuffi, questo può distruggere i neuroni e causare perdita di memoria e confusione nella malattia di Alzheimer. Questo studio ha esaminato circa 300 adulti clinicamente normali (età media 74) per i depositi nel cervello della proteina tau, un marker di AD, come misurato dalla tomografia ad emissione di positroni.

Le donne mostravano più tau in una regione del cervello rispetto agli uomini, che era associata a individui con maggiori quantità di depositi di placche del peptide β-amiloide (Aβ), un altro marker di AD. Questi risultati supportano altri studi nell’identificazione delle potenziali ragioni per le differenze di rischio per l’AD tra uomini e donne. La popolazione dello studio può limitare la generalizzabilità di questi risultati. Lo studio potrebbe aiutare a spiegare perché circa i due terzi dei pazienti affetti da demenza sono di sesso femminile, un fatto che è stato precedentemente attribuito a donne che vivono più a lungo rispetto agli uomini e che hanno più tempo per sviluppare la condizione. Tuttavia, molti scienziati sospettavano che altri meccanismi potessero contribuire al divario di genere nella prevalenza dell’Alzheimer. L’attuale studio ha esaminato specificamente i depositi di tau nel cervello di pazienti di età media di 74 anni che erano tutti cognitivamente sani. I dati della scansione finale hanno evidenziato che le donne mostravano più tau in una regione del cervello rispetto agli uomini.

I ricercatori hanno precedentemente pensato che non ci fossero differenze significative nei livelli cerebrali di questi markers proteici ​​tra uomini e donne, ma le potenziali differenze specifiche di genere coinvolte nella patologia della malattia stanno diventando un obiettivo sempre più importante nella ricerca dell’Alzheimer. La letteratura precedente mostra elevati livelli di tau cerebrospinale nelle donne rispetto agli uomini in funzione dell’apolipoproteina E (APOE) ε4 e β-amiloide (Aβ). Ciò che è rimasto poco chiaro è l’associazione del sesso con la deposizione tau regionale in individui clinicamente normali. Inoltre, le donne geneticamente predisposte all’Alzheimer hanno livelli più elevati di tau nel loro liquido cerebrospinale rispetto agli uomini predisposti e lo studio attuale è il primo a identificare un modello simile in individui clinicamente sani. Queste scoperte supportano un corpus di letteratura in continua crescita che espone una base biologica per le differenze di sesso nel rischio di malattia di Alzheimer.

Secondo la dott.ssa Reisa Sperling, uno dei principali autori di questa ricerca, i dati attuali supportano altri studi nell’identificazione delle potenziali ragioni delle differenze di rischio per la malattia di Alzhleimer tra uomini e donne. Nello studio, non di sono state differenze di sesso per la quantità di amiloide o la frequenza delll’allele per la APOE ε4. Sebbene non si a stato esaminato alcun meccanismo dietro questi risultati scientifici, è possibile speculare che una certa componente ormonale possa essere responsabile del fenomeno. Certo, è difficile conciliare il ruolo neuro-protettivo degli ormoni femminili (estrogeni) in questo contesto, poiché la media dell’età nei soggetti studiati, soprattutto quelli femminili è oltre i 70 anni. Non si può certo correlare con facilità lo stato post-menopausale delle donne esaminate, con la loro maggiore predisposizione. Ovvero non appare esserci un legame diretto tra i due fenomeni. Ma gli estrogeni non sono gli unici ormoni a guidare la chimica della donna nel corso della sua intera vita…..

  • A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

Buckley RF et al., Sperling RA. JAMA Neurol. 2019 Feb 4. 

Hanseeuw BJ et al. Alzheim Res Ther. 2019 Feb 4; 11(1):17. 

Rabin JS et al. Annals Neurol. 2019 Feb; 85(2):272-279. 

Halawa OA et al. Alzheimers Res Ther. 2019 Jan; 11(1):14.

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Dott. Gianfrancesco Cormaci
Dott. Gianfrancesco Cormaci
Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1998; specialista in Biochimica Clinica dal 2002; dottorato in Neurobiologia nel 2006; Ex-ricercatore, ha trascorso 5 anni negli USA (2004-2008) alle dipendenze dell' NIH/NIDA e poi della Johns Hopkins University. Guardia medica presso la casa di Cura Sant'Agata a Catania. Medico penitenziario presso CC.SR. Cavadonna (SR) Si occupa di Medicina Preventiva personalizzata e intolleranze alimentari. Detentore di un brevetto per la fabbricazione di sfarinati gluten-free a partire da regolare farina di grano. Responsabile della sezione R&D della CoFood s.r.l. per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti alimentari, inclusi quelli a fini medici speciali.

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