Le radiazioni ultraviolette B (UVB; 290-320 nm) della luce del sole esercitano effetti profondi sulla pelle umana, che vanno dal metabolismo della vitamina D all’invecchiamento della pelle e alla comparsa di tumori. L’esposizione agli UVB è la causa principale del cancro non melanoma della pelle. Oltre alla sua capacità di danneggiare il DNA, la radiazione UVB è ben nota per esercitare un effetto immunosoppressivo inibendo le risposte immunitarie cellulo-mediate che sono indispensabili per l’immunità antitumorale. L’irradiazione UVB innesca anche l’infiammazione della pelle; varie malattie che vanno dal lupus eritematoso sistemico all’XPA mostrano una risposta anomala a questo stimolo ambientale. Il fattore attivante delle piastrine (PAF; 1-alchil-2-acetilglicero-fosfocholina) è un potente mediatore lipidico infiammatorio che esercita i suoi effetti attraverso un singolo recettore di superficie specifico, il PAF-R. Il PAF è sintetizzato enzimaticamente in risposta a diversi stimoli, tra cui citochine, endotossina e PAF stesso. Inoltre, l’attività agonistica del recettore (PAF-R) può essere prodotta anche attraverso la scissione mediata da radicali liberi della lecitina presente nelle membrane cellulari.
Il PAF e le glicerolo-fosfocoline ossidate (Ox-GPCs) con attività del PAF sono state implicate nell’infiammazione cutanea mediata dall’irradiazione UVB e dall’immunosoppressione sistemica nota per essere una delle principali cause dei tumori della pelle. Le Ox-GPC sono state identificate in associazione con altre condizioni sperimentali, incluso l’uso cronico di alcol o l’esposizione al fumo di sigaretta nei roditori. Tuttavia, la produzione di Ox-GPC biologicamente attivi con attività agonistica di PAF-R non è stata definitivamente collegata alla fotosensibilità o, per quella materia, ha dimostrato di causare alcun altro particolare stato patologico. Poiché il PAF è un potente innesco per l’infiammazione della pelle, compresa la produzione di fattore di necrosi tumorale (TNF-alfa) associato a fotosensibilità, e vi è evidenza che le cellule con deficit di XPA hanno diminuito le difese antiossidanti, un team congiunto di ricercatori dei Dipartimenti di Dermatologia, Farmacologia e Tossicologia e Patologia dell’Università dell’Indiana, hanno ipotizzato che il sistema biologico del PAF potesse essere coinvolto nella fotosensibilità associata al deficit di XPA.
Invero, in semplici studi di cellule in coltura (fibroblasti) prelevate da pazienti con XPA, il trattamento con UVB ha aumentato la produzione di composti simili al PAF nelle membrane cellulari. L’estratto cellulare di queste colture somministrato ad altri tipi di cellule in coltura, ha stimolato queste a produrre il TNF-alfa, segno della partenza dio una reazione infiammatoria. Questo processo è stato abolito trattando l’estratto con PAF acetil-idrolasi, un enzima che disattiva il PAF e sostanze analoghe. Passando ad esperimenti con topi XPA (xpa -/-), gli scienziati hanno potuto appurare che le lesioni alla pelle non coinvolgevano solo il PAF, ma anche la comparsa di stress ossidativo, ovvero la produzione di radicali liberi (ROS). Infatti, quando i topi erano nutriti con mangime arricchito con vitamina C, le lesioni della loro pelle dopo esposizione ai raggi UV non erano così gravi come solitamente accade. Hanno poi potuto dimostrare che sono i radicali liberi ad innescare la produzione del PAF e che questo poi attiva la risposta infiammatoria. Infatti, la formazione di TNF-alfa da parte delle cellule cutanee dei topi XPA veniva bloccata da antagonisti farmacologici del PAF. Il team ha potuto, infine, appurare che esiste una netta differenza di risposta fra la foto-sensibilità della XPA con quella di altre forme di XP.
La proteina XPC è importante per riconoscere il DNA danneggiato iniziale nella riparazione globale del genoma. Al contrario, la proteina XPA svolge un ruolo fondamentale nella riparazione accoppiata alla trascrizione. In particolare, l’irradiazione UVB dei fibroblasti carenti di XPC (ottenuti dai depositi cellulari dell’Istituto Coriell), non ha portato ad una eccessiva formazione dei ROS o ad un aumento dei livelli di agonisti PAF-R. Inoltre, a differenza delle cellule carenti di XPA, le cellule carenti di XPC non hanno livelli diminuiti dell’enzima antiossidante catalasi, quello che disattiva l’acqua ossigenata. Gli studi attuali dimostrano che la fotosensibilità associata al deficit di XPA è mediata da Ox-GPC con attività agonistica di PAF-R che fornisce il primo chiaro collegamento di questi nuovi lipidi a un processo patologico. Gli scienziati ritengono che i loro dati abbiano rilevanza clinica, in quanto potenzialmente forniscono un meccanismo attraverso il quale gli antiossidanti hanno efficacia nel trattamento dei disturbi della fotosensibilità, che vanno dal lupus eritematoso alla porfiria alle condizioni di xeroderma.
- A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.
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